E' sabato
pomeriggio e mi aggiro da più di un’ora tra i reparti di un
mostruoso supermercato.
Le
cose da comprare sono poche come sempre, ma le ho comunque riunite su
un foglietto di carta a comporre una striminzita lista della spesa. La grafia è
chiara, l’elenco è breve e completo, eppure questo non mi aiuta a
individuare la posizione dei miei futuri acquisti.
Mi guardo intorno
spaesato in cerca di solidarietà, ma mi accorgo che purtroppo si
tratta di un problema solo mio; gli altri clienti non si muovono
affatto con il mio stesso passo incerto: centrano l’obiettivo al
primo colpo, afferrano a occhi chiusi un prodotto dagli scaffali e
passano subito sorridenti a quello successivo. Del resto, ora
che ci penso, qui la merce è distribuita in maniera logica e
razionale, secondo un ordine tanto preciso quanto innaturale che
fa sì che ogni articolo viva in armonia nel suo reparto. I generi alimentari sono
raggruppati in una precisa zona del negozio; stessa cosa vale per i
detersivi e i cosmetici. Esistono poi altre svariate sottodivisioni
sicché –
a meno che qualcuno non abbia per pigrizia riposto un acquisto non
più desiderato su uno scaffale a caso –
non potrà succedere di trovare la mortadella accanto allo yogurt, né tantomeno mastrolindo in compagnia di coccolino.
Un’illuminazione
mi coglie mentre sono in cerca delle lamette bic monouso: desidero
assolutamente stravolgere questo rigido principio di organizzazione
tassonomica.
Dopo
aver riflettuto attentamente sulla cosa e girato a vuoto ancora un
po’ tra gli scaffali in cerca di una soluzione, mi avvicino al
responsabile del reparto salumeria, intenzionato a confidargli cosa
mi frulla per la testa. Mi faccio coraggio e gli chiedo cosa ne pensa
della mia idea di sistemare gli articoli in base a un singolo tema
che deve sottostare a ogni accostamento merceologico. Poniamo il
caso, dico al salumiere, che il motivo del giorno o della settimana
sia “proverbi e modi di dire”, in questo caso l’acquirente che cerca le uova,
se per pranzo desidera cucinarsi una frittata, dovrà aguzzare la
vista e l’ingegno, armarsi di buona volontà e andarsele a cercare
nel paniere oppure nel reparto polleria, prima o dopo la gallina.
Una volta scoperto il trucco non avrà problemi a trovare il sale
nascosto nella zucca, i cavoli posizionati accanto alle girelle e le
sottilette appoggiate sulle pere.
Il
salumiere mi guarda perplesso e se la ride di gusto sotto i baffi. La
prima obiezione che solleva è che si tratta una soluzione
insopportabilmente iniqua che finirà inevitabilmente per danneggiare
i primi clienti del mattino, i soli cui toccherà arrovellarsi sul
senso misterioso delle bizzarre associazioni. A quelli arrivati a
mezzogiorno non resterà altro che chiedere ai primi, o, nel caso
questi non vogliano rispondere, seguirne i movimenti a
distanza stando attenti a non dare nell’occhio. Mi fa poi notare
che tra i clienti del supermercato ci saranno i soliti zelanti che ce
la metteranno tutta per demolire lo spirito del gioco. Desiderosi di
mettersi in mostra più che sospinti da disinteressato spirito di
solidarietà, questi inguaribili esibizionisti non mancheranno di
venire in soccorso agli spaesati compagni di carrello che, ignari
della rivoluzione appena sopraggiunta sugli scaffali, si ostineranno
a cercare ancora i carciofini sott’olio nei pressi delle cipolline
borettane e il lysoform accanto alla candeggina.
Il
salumiere è di tutt’altro avviso, e sotto sotto mi dà a
intendere che sono anche reazionario. Il giochino che gli ho
illustrato lo convince poco. Dice che sostituire un “criterio di
organizzazione formale” con un altro in apparenza più creativo è
solo un gesto pseudorivoluzionario che ha come risultato “il
rafforzamento dell’ordine precostituito”.
Decide
di illustrarmi le sue posizioni, a quanto pare molto più radicali
delle mie. Mi chiede se ho presente lo slogan L’immaginazione al
potere. Annuisco. Mi dice che allora in questo caso non avrò
problemi a comprendere che lui s’immagina altri e ben più
prodigiosi “accostamenti merceologici”. Prosegue poi con aria
profetica parlandomi di cose a suo dire incredibili, come le fettine di vitello
avvolte sul diffusore della lacca o i preservativi posizionati nel
reparto ortofrutticolo, direttamente srotolati su zucchine e
melanzane. Mi racconta inoltre che il suo sogno è lavorare un giorno
in un mastodontico ipermercato surrealista dove si potrà trovare in
esposizione un grande ombrello sopra una macchina per cucire, con
tanto di cartello recante la scritta offerta speciale.
Non
c’è che dire, il suo discorso è ineccepibile; inutile
controbattere difendendo la mia posizione. Mi chiedo perché mai gli
confidato le mie ridicole scemenze?
Non
mi resta che terminare i miei acquisti e avvicinarmi mestamente alle
casse. Appoggio la spesa sul nastro scorrevole. Mentre mi chino a
posare il cestino semivuoto, una bambina orrenda fa giusto in tempo a
tossirmi in faccia. Le lancio un’occhiata che nelle mie intenzioni dovrebbe fulminarla, ma lei è lì che risponde al mio sguardo fissandomi con aria
sussiegosa. Poi ride oltraggiosa e si fa beffe di me.
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