martedì 19 novembre 2013

GDO (Racconto)


E' sabato pomeriggio e mi aggiro da più di un’ora tra i reparti di un mostruoso supermercato.

Le cose da comprare sono poche come sempre, ma le ho comunque riunite su un foglietto di carta a comporre una striminzita lista della spesa. La grafia è chiara, l’elenco è breve e completo, eppure questo non mi aiuta a individuare la posizione dei miei futuri acquisti.
Mi guardo intorno spaesato in cerca di solidarietà, ma mi accorgo che purtroppo si tratta di un problema solo mio; gli altri clienti non si muovono affatto con il mio stesso passo incerto: centrano l’obiettivo al primo colpo, afferrano a occhi chiusi un prodotto dagli scaffali e passano subito sorridenti a quello successivo. Del resto, ora che ci penso, qui la merce è distribuita in maniera logica e razionale, secondo un ordine tanto preciso quanto innaturale che fa sì che ogni articolo viva in armonia nel suo reparto. I generi alimentari sono raggruppati in una precisa zona del negozio; stessa cosa vale per i detersivi e i cosmetici. Esistono poi altre svariate sottodivisioni sicché – a meno che qualcuno non abbia per pigrizia riposto un acquisto non più desiderato su uno scaffale a caso – non potrà succedere di trovare la mortadella accanto allo yogurt, né tantomeno mastrolindo in compagnia di coccolino.
Un’illuminazione mi coglie mentre sono in cerca delle lamette bic monouso: desidero assolutamente stravolgere questo rigido principio di organizzazione tassonomica.

Dopo aver riflettuto attentamente sulla cosa e girato a vuoto ancora un po’ tra gli scaffali in cerca di una soluzione, mi avvicino al responsabile del reparto salumeria, intenzionato a confidargli cosa mi frulla per la testa. Mi faccio coraggio e gli chiedo cosa ne pensa della mia idea di sistemare gli articoli in base a un singolo tema che deve sottostare a ogni accostamento merceologico. Poniamo il caso, dico al salumiere, che il motivo del giorno o della settimana sia “proverbi e modi di dire”, in questo caso l’acquirente che cerca le uova, se per pranzo desidera cucinarsi una frittata, dovrà aguzzare la vista e l’ingegno, armarsi di buona volontà e andarsele a cercare nel paniere oppure nel reparto polleria, prima o dopo la gallina. Una volta scoperto il trucco non avrà problemi a trovare il sale nascosto nella zucca, i cavoli posizionati accanto alle girelle e le sottilette appoggiate sulle pere.

Il salumiere mi guarda perplesso e se la ride di gusto sotto i baffi. La prima obiezione che solleva è che si tratta una soluzione insopportabilmente iniqua che finirà inevitabilmente per danneggiare i primi clienti del mattino, i soli cui toccherà arrovellarsi sul senso misterioso delle bizzarre associazioni. A quelli arrivati a mezzogiorno non resterà altro che chiedere ai primi, o, nel caso questi non vogliano rispondere,  seguirne i movimenti a distanza stando attenti a non dare nell’occhio. Mi fa poi notare che tra i clienti del supermercato ci saranno i soliti zelanti che ce la metteranno tutta per demolire lo spirito del gioco. Desiderosi di mettersi in mostra più che sospinti da disinteressato spirito di solidarietà, questi inguaribili esibizionisti non mancheranno di venire in soccorso agli spaesati compagni di carrello che, ignari della rivoluzione appena sopraggiunta sugli scaffali, si ostineranno a cercare ancora i carciofini sott’olio nei pressi delle cipolline borettane e il lysoform accanto alla candeggina.

Il salumiere è di tutt’altro avviso, e sotto sotto mi dà a intendere che sono anche reazionario. Il giochino che gli ho illustrato lo convince poco. Dice che sostituire un “criterio di organizzazione formale” con un altro in apparenza più creativo è solo un gesto pseudorivoluzionario che ha come risultato “il rafforzamento dell’ordine precostituito”.

Decide di illustrarmi le sue posizioni, a quanto pare molto più radicali delle mie. Mi chiede se ho presente lo slogan L’immaginazione al potere. Annuisco. Mi dice che allora in questo caso non avrò problemi a comprendere che lui s’immagina altri e ben più prodigiosi “accostamenti merceologici”. Prosegue poi con aria profetica parlandomi di cose a suo dire incredibili, come le fettine di vitello avvolte sul diffusore della lacca o i preservativi posizionati nel reparto ortofrutticolo, direttamente srotolati su zucchine e melanzane. Mi racconta inoltre che il suo sogno è lavorare un giorno in un mastodontico ipermercato surrealista dove si potrà trovare in esposizione un grande ombrello sopra una macchina per cucire, con tanto di cartello recante la scritta offerta speciale.

Non c’è che dire, il suo discorso è ineccepibile; inutile controbattere difendendo la mia posizione. Mi chiedo perché mai gli confidato le mie ridicole scemenze?

Non mi resta che terminare i miei acquisti e avvicinarmi mestamente alle casse. Appoggio la spesa sul nastro scorrevole. Mentre mi chino a posare il cestino semivuoto, una bambina orrenda fa giusto in tempo a tossirmi in faccia. Le lancio un’occhiata che nelle mie intenzioni dovrebbe fulminarla, ma lei è lì che risponde al mio sguardo fissandomi con aria sussiegosa. Poi ride oltraggiosa e si fa beffe di me.

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