lunedì 16 settembre 2013

Persecuzioni ad opera di libri

Non posso esserne sicuro al cento per cento, eppure ho il vago sentore che qualcuno di voi come me ha avuto modo di sperimentare un'agghiacciante verità intorno ai libri lasciati a metà - da ritenersi ancora più vera se si tratta dei cosiddetti “classici” - ossia che essi si vendicano in maniera poco onorevole, inoculandovi sensi di colpa.
Prendiamone uno di un autore fra tanti, André Gide: avete appena ricevuto in dono da una persona a voi cara un romanzo di questo scrittore che volevate leggere da tempo; uno di quei libri che vi ha sempre fatto gola sin dal titolo, I falsari, e di cui ne avete sempre sentito parlare come di un capolavoro: la più alta vetta artistica raggiunta non da un autore qualunque, ma André Gide, un genio vero vissuto in un epoca in assoluto tra le più prodighe di geni letterari.
Cominciate la vostra lettura, il testo vi appare avvincente sin dalle prime pagine, riconoscete subito lo stile raffinato ed elegante dell'autore, lo stesso che avete assaporato un anno prima, quando avete letto un altro suo capolavoro, I sotterranei del Vaticano; vi godete gli ammiccamenti metalinguistici, “il romanzo nel romanzo”, di cui amano parlare critici e studiosi, ammirate il periodare agile e leggero che si coniuga a meraviglia con l'inabissarsi nel profondo della psiche dei personaggi.
Non vi è ombra di dubbio: con questo libro aggiungerete una nuova scintillante tessera al mosaico della vostra “formazione culturale”, da collocare a fianco di altre più o meno luminose che avete raccolto faticosamente nel tempo e ricomposto in un vostro personale disegno.
Tuttavia caso vuole che, arrivati alla metà del romanzo, quando la trama sembra essere giunta a un punto cruciale, senza alcuna vera ragione voi lasciate il libro a riposare nella vostra libreria, preferendo come compagne di viaggio (amate molto leggere in treno e quindi questa espressione sembra fare proprio al caso vostro) altre letture. Certo una cosa è fuori discussione: non avete abbandonato il testo di proposito, vi siete soltanto limitati a cedere al richiamo di altre pagine di un autore diverso, minori per numero ma altrettanto appassionanti, e siete certi che a breve ritornerete al vostro Gide per gustarlo senza interruzioni fino in fondo.
Una settimana dopo però, entrando nella vostra stanza, vi accorgete che il libro è ancora lì dove lo avevate lasciato. Vi sentite prendere da un lieve rimorso: ricordate infatti come il proposito sopra accennato, cioè quello di riprendere in mano un romanzo lasciato in sospeso, sebbene lo abbiate espresso più volte, non sempre è stato da voi mantenuto. A questo punto una vocina dentro di voi ammonisce che continuando di questo passo rischiate di non aggiudicarvi molte di quelle tessere agognate che tanto impreziosirebbero il vostro “mosaico culturale“. Eppure, nonostante questa presa di coscienza, prevarrà una sorta di neghittosa arroganza che vi convincerà a prendervi ulteriore tempo prima di riprendere la lettura.
Avete così disatteso ancora una volta senza darvi troppo pensiero la vostra missione; non potevate sapere che da quel momento avanti il libro stesso e il suo autore avrebbero ordito la loro vendetta ponendo in atto nei vostri confronti una vera e propria azione persecutoria.
Vi capiterà ad esempio, mentre vi dedicate a un innocuo passatempo, poniamo, per caso, le parole crociate, di trovare tra le definizioni orizzontali il titolo del solo romanzo di Gide che avete letto per intero: I sotterranei del vaticano, appunto; dopodiché non si sa per quale ragione, tra le tante vicende raccontate in quel libro, vi verrà in mente quell'episodio assolutamente secondario, ambientato a Napoli, che vede uno sventurato personaggio alle prese con un sozzo farmacista che cerca di disinfettargli un foruncolo spuntato sul pomo d'Adamo col lembo di un fazzoletto imbevuto di saliva. 
A questo punto la vostra cattiva coscienza volgerà nuovamente al vostro autore abbandonato sullo scaffale e vi chiederete se mai Gide abbia davvero visto Napoli, che si dà il caso essere anche la vostra città, e se sì quale impressione ne abbia mai potuto ricavare.
Dopo questo strano episodio, un'uggia incomprensibile prenderà ad abitare inspiegabilmente il vostro cuore e vi toglierà del tutto il desiderio di leggere ogni cosa. Sarete però assaliti, per fortuna, dalla voglia di vedere un film. 
Ne scegliete uno a caso tra quelli scaricati dalla rete e vi rendete conto che è ambientato ancora a Napoli; la cosa tuttavia non sembra preoccupante: si tratta di un'opera biografica dedicata agli ultimi giorni di vita di un insigne matematico e ciò dovrebbe rassicurarvi del fatto che non correte pericolo di imbattervi in spiacevoli coincidenze.
Durante la visione fate leggermente fatica ad adeguarvi al tono un po' lugubre della pellicola ma vi appassionate comunque alla vicenda, almeno fino a quando una battuta pronunciata dall'attore che interpreta il fratello del protagonista non vi farà tremare le vene ai polsi: “Ti ricordi quando in quella poltrona si è seduto André Gide?”
A questo punto il film non desterà in voi più alcun interesse e lo guarderete fino alla fine soltanto perché, ribadiamolo una volta per tutte, voi non siete tipo da lasciare le cose a metà; ciò non toglie che un attimo dopo lo scoccare dei titoli di coda vi buttiate a capofitto nella rete per effettuare una verifica. Scoprirete così che André Gide non solo ha veduto con i suoi stessi occhi Napoli, ma vi ha persino soggiornato in occasione del suo viaggio di nozze e che questa città è stata inoltre meta dell'ultimo viaggio che lo scrittore ha compiuto prima di morire.
In quel momento un brivido vi corre lungo la schiena: vi rammentate che il prossimo fine settimana dovete recarvi a Napoli e giungete alla conclusione che vi conviene mettervi in borsa quel libro maledetto e completarne una volta per tutte la lettura, ormai non più tanto per il piacere che potreste ricavarne, ma per liberarvi del fantasma del defunto scrittore che vi aleggia insistentemente intorno facendo leva sul vostro bieco campanilismo per farvi sentire un ingrato.
Ma la vostra buona volontà non vi sarà granché d'aiuto: in treno, durante il viaggio di andata, vi imbatterete infatti in compagni di viaggio straordinariamente maleducati, e chiassosi al punto tale che i loro schiamazzi non vi consentiranno nemmeno di terminare un capitolo, figuriamoci il libro intero. Durante il vostro soggiorno in città, parenti e amici invece vi terranno sequestrati tutto il tempo e l'unica azione potrete compiere in autonomia sarà quella di passare alla libreria della stazione, un attimo prima della partenza, per comprare un romanzo da recare in dono alla persona che vi ha regalato il Gide maledetto. Dopo aver titubato per un quarto d'ora davanti agli scaffali affollati di titoli, farete una scelta che vi parrà soddisfacente: il libro di una giovane esordiente di cui ha tessuto le lodi uno di quei critici perennemente inclini alla stroncatura che però ogni tanto credono di fiutare dei piccoli capolavori laddove nessuno aveva osato guardare.
Vi ritrovate così seduti di nuovo sulla poltrona di un treno: il viaggio di ritorno vi attende. Stavolta siete soli nello scompartimento, la pace regna incontrastata e capite che non può esservi momento migliore per riprendere in mano finalmente vostro temuto romanzo. Ma non appena aprite la borsa, l'occhio vi cade immancabilmente sulla copertina del volume della giovane esordiente che avete appena comprato. In libreria non lo avete fatto impacchettare per non correre il rischio di perdere il treno; l'occasione è propizia per avere una conferma della bontà del vostro acquisto e vi decidete a leggiucchiare qua e là qualche rigo. Potreste partire dal centro - in fondo non avete intenzione di leggerlo tutto, il vostro Gide vi aspetta -  ma un po' per caso un po' per l'abitudine, accade che il pollice della mano destra cada inesorabilmente in corrispondenza della prima pagina. Appena iniziata la lettura - meraviglia delle meraviglie - scoprite che la storia si svolge ancora a Napoli.
Si narrano le vicende di una famiglia composta interamente di uomini e donne rispettati e votati al successo e belli al punto tale da far pensare a semidei; una famiglia perfetta la cui reputazione conosce però appena una piccola “macchia” riguardante una certa zia Tilde: una voce terribile e mai confermata la vuole infatti sospettata nientepopodimeno di avere, cito testualmente, “un giorno di luglio – sotto pressanti richieste - messo una supposta ad André Gide”.
A questo punto vi chiedete se il demonio in persona non abbia guidato la mano dell'autrice nell'istante in cui ha vergato quelle parole, dopodiché chiuso il libro una volta per tutte, promettete a voi stessi che da quel momento in avanti vi dedicherete per tutta la vita esclusivamente al sudoku e a ogni altro passatempo che non contempli l'utilizzo delle parole.
Probabilmente l'immagine dello scrittore francese implorante le cure della povera zia Tilde continuerà a torturarvi ancora per un bel po', ma questa volta voi, statene certi, sia pure per mero puntiglio, non vi piegherete nemmeno “sotto pressanti richieste” alla petulante iattanza di questo classico, che nonostante il suo genio comincia ad apparirvi francamente un po' troppo narcisista e dispotico.

2 commenti:

  1. io sono perseguitato da libri brutti. Mi inseguono, mi attanagliano la mente.Mi fanno schifo, ma sento che devo leggerli. E il mio tempo libero se ne va con loro...

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  2. Wow, il primo commento! Mi consiglieresti un libro davvero brutto? Tipo la creatura più spaventevole che hai incontrato nel sottobosco delle autopubblicazioni e degli editori a pagamento?

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